Appunti

Appunti | Taccuino personale.

con alcune riflessioni



Il prof. Miglietti | un ricordo.


Qualche giorno fa ricorreva l’anniversario della scomparsa di Alessandro Miglietti, che è stato il mio insegnante di Italiano alla scuola superiore.
Per pochi anni non ci siamo incontrati come colleghi al Liceo Galilei di Perugia, ma con piacere ho avuto come studentessa sua figlia Marta.
Sandro mi diede del coglione. Accadde un giorno che, entrato in classe, notò che qualcuno durante la ricreazione aveva scritto una frase contenente questo termine. Si sedette alla cattedra, firmò il registro, poi chiese: “Chi è quel coglione che ha scritto coione con la ‘i’?”
Poi prese spunto da questa occasione per spiegarci che il grafema ‘gli’ corrisponde al fonema laterale palatale che nel dialetto perugino non esiste uniformandosi al fonema del grafema ‘i’ e questo genera gli equivoci. Poi da calabrese, non gli riuscì difficile farci sentire sonoramente la differenza. Lo stimai molto e mi costituii.
Apprezzavo le sue lezioni e qualche volta mi capitava di sorprendermi del suono della campanella che ne segnava la fine. Le seguivo disegnando sul diario tra un appunto e l’altro.

(vedi la sua caricatura a lato, infatti)

Conservo ancora gelosamente la copia del Salinari-Ricci con le annotazioni a matita.
Fu il primo che sentii sostenere che tutta la cultura è degna di studio - compresa quella materiale e popolare - e colui da cui appresi che uno dei primi esempi di volgare in Italia si trova in un affresco: l’Iscrizione di san Clemente e Sisinnio, nella basilica di San Clemente al Laterano (Roma), databile intorno alla fine del secolo XI e considerato da molti un proto-fumetto. Per via di quelle frasi "Fili de pute, traite” attribuite graficamente ai personaggi.
Allora, lui lo definì proprio fumetto e su questo oggi avrei da ridire. Sono convinto infatti, che oltre al testo - cartiglio o nuvolette non c’è differenza - attribuibile all’immagine dei personaggi, debba necessariamente esserci una sequenzialità delle immagini che qui non è presente. In realtà ci sono molte altre sue affermazioni che ricordo e sulle quali oggi non concorderei, ma ciò nulla toglie al suo grande talento di insegnante e affabulatore.
Correva l’anno scolastico 1975-76 e io frequentavo il terzo anno - il primo del triennio per periti chimici - all’ITIS ‘A. Volta’ di Perugia.
L’Editoriale Corno pubblicava in Italia i fumetti Marvel, di cui ero appassionato lettore, e credo che da qualche parte, tra Peter Parker e Cecco Angiolieri, passai senza accorgermene la linea di confine tra l’adolescenza e l’età adulta. Perché fu in quel periodo che cominciai a focalizzare quali erano realmente i miei interessi e le mie attitudini.
E un po’ fu sicuramente merito di Sandro Miglietti.
Grazie, professore!


2024.08.04 | Kuiry - Francesco Gaggia



Sabi | l'opera del tempo.


‘Sabi’ [ 寂 ] è una parola giapponese - difficilmente traducibile in italiano - che originariamente significa ‘desolazione’ ma che nel corso del tempo acquisisce un significato estetico che esprime la bellezza di qualcosa che è invecchiata bene o che abbia acquisito una patina che la rende bella. Oggi il valore che esprime si è evoluto fino a identificare ‘il piacere che si trae dalle cose vecchie’ ma anche quello legato a ‘tranquillità, isolamento e solitudine profonda’.

Nella nostra cultura questo concetto è comparso e scomparso con un andamento quasi carsico. Per esempio, nel 1948 un'accesa polemica contrappose Roberto Longhi a Cesare Brandi dell’Istituto Centrale del Restauro. Lo scontro tra le due opposte concezioni avvenne pure su questo tema, e anche recentemente ci si confronta spesso sull' opportunità di 'ripuliture' troppo drastiche di alcuni monumenti.

Si veda: Cesare Brandi, The Cleaning of Pictures in Relation to Patina (1949) - “Burlington Magazine”.

Ma già nel Seicento la patina era considerata dagli artisti un ben definito dato tecnico e estetico. Si veda il termine “Patena” del “Vocabolario toscano delle Arti del Disegno” pubblicato nel 1681 da Filippo Baldinucci: “Patena. Voce usata da’ Pittori e diconla altrimenti pelle, ed è quella universale scurità che il tempo fa apparire sopra le pitture, che anche talvolta le favorisce”.

O il testo poetico di John Dreyden (1694):

Verrà del tempo la maestra mano
a dare all’opre tue l’ultimo tocco;
che colla bruna patina i colori,
ammorbidisca, e accordi; e quella grazia
aggiunga lor che sol può dare il tempo;
porti il tuo nome a’ Posteri, e più rechi
bellezze all’opre tue che non ne toglie.


2023.06.15 | Kuiry - Francesco Gaggia






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